Tuttavia, mi sono riscoperto più cattivo di quanto pensassi se si mezzo c’è una tenerissima fetta di lardo di colonnata.
Attaccati a ‘stocazzo, tenero gattino. Non basterà il tuo tenero sguardo felino a commuovermi, il lardo è più tenero di te. Lardo wins.
]]>Proseguiamo con un piccolo intermezzo tra un Maya e un altro.
Cenote, cenote… chi era costui? Un cenote è un pozzo sotterraneo, che gradualmente si riempie di acqua. Per lo Yucatan, una terra calcarea, senza fiumi e con qualche problema di approvvigionamento idrico, in pratica era la manna dal cielo.
Questi buchi, che secondo moderne teorie sono rimasugli del mega-meteorite che ha fatto estinguere i dinosauri, costellano (ce ne sono letteralmente migliaia) le pianure yucateche.
Questi buchi, che si aprono spesso nel bel mezzo dell giungla, offrono acqua cristallina, buio completo, abissi a volte molto profondi (ci si fa sub) e la possibilità di nuotare assieme a tartarughe e pipistrelli.
La prima foto riguarda il cenote Diznup, un bellissimo posto completamente sotterrano. Purtroppo era buio. E il fotografo era Vito, io stavo facendo il bagno. Le altre sono del Gran Cenote, fra Cobà e Tulum.
Il cacao arrivava ai Maya, direttamente dalle città colonizzate del sud. In realtà la pianta del cacao in Messico non cresceva granché bene, ci sarebbero voluti climi ancora più umidi tipici del Guatemala e del Venezuela.
Ma ai Maya il cacao piaceva, era una sorta di caffè ante-litteram, contenendo molta caffeina ne bevevano a litri per stare svegli. Da cui l’invenzione della cioccolata, che però i Maya facevano con l’acqua al posto del latte. All’ecomuseo del cacao (nei pressi di Uxmal) te la fanno assaggiare proprio come la massaia Maya la faceva. Vi dirò che non era proprio così schifosa come si potrebbe pensare, soprattutto se la si insaporisce con un po’ di peperoncino.
Il cacao, dai semi alla cioccolata Maya. Immagine bonus: un banano.
L’Hacienda Ochil è una ex-piantagione/fabbrica di trasformazione, coltivavano un certa varietà di palme per ricavarne fibra tessile.
Era talmente deserta che sembrava il set di uno di quei film catastrofici in cui l’intera umanità viene azzerata da un virus mortale e si disperde in cenere. Uno spettacolo inquietante.
L’hacienda peraltro era messa totalmente a nuovo, molto carina e sembrava attrezzata per accogliere frotte di turisti. Ad un certo punto da un angolo sono usciti i probabili proprietari, che ci hanno cortesemente spiegato che era bassissima stagione. Dopo aver invano tentato di convincerci a fermarci per pranzo (erano le tre del pomeriggio).
Nelle foto l’hacienda e i macchinai per lavorare il filato.
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I Maya hanno lasciato poche testimonianze di sé, soprattutto “grazie” al frate francescano Diego de Landa che da buon cattolico decise di bruciare in un simpatico falò qualche migliaio di corrotti codici Maya.
Chichén Itzá è considerata una sorta di Vaticano Maya, era infatti un importante centro religioso/commerciale.
Secondo la guida (ma premetto che mi sembrava molto brava a romanzare) questi Maya vivevano commerciando… tecnologia, sotto forma di previsioni astronomiche che in gran parte avevano già quando arrivarono sul luogo e fondarono la città.
Se notate lo Yucatan è una terra piatta e senza nemmeno un fiume. La robusta conoscenza astronomica dei Maya di Chichén serviva a prevedere l’arrivo delle piogge, essenziale per avere raccolti decenti.
I Maya mascheravano la tecnologia con la superstizione, per il popolino i sacerdoti non erano metereologi ma esseri in contatto con gli dei. Chichén è una specie di Gardaland di di effetti speciali costruita per ingannare la masse: la piramide chiamata El Castillo grazie a uno studiato effetto costruttivo restituisce un eco somigliante al verso di un uccello qualsiasi rumore si faccia davanti ad essa, inoltre due volte l’anno (agli equinozi) grazie a un gioco di ombre la figura di un serpente piumato discende una delle scalinate. Inoltre il numero dei suoi gradini e gradoni rappresenta perfettamente l’anno Maya 91 gradoni per lato, più la piattaforma in cima = 365 e l’orientamento cardinale dell’edificio è pressoché perfetto.
Chichén Itzá doveva spaventare e sottomettere, e i sacerdoti residenti dovevano essere trattati come messaggeri degli dei. Il popolino spaventato pagava e tasse e acquistava i buoni auspici per il futuro qualcuno ha detto 8×1000?.
I Maya avevano un gioco del pallone, una specie di basket ante litteram in cui squadre contrapposte cercavano di fare gol in una specie di canestro di pietra messo in verticale. Il campo da pallone ha pareti che amplificano le grida degli spettatori (altro giochino ingenieristico per esaltare il popolino).
A proposito di pallone, a chi perdeva gli tagliavano la testa. A volte anche a chi vinceva Se la partita era in onore degli dei, gli si sacrificava il vincitore. Vorrai mica offrire agli dei la schiappa, no?. Una consuetudine che forse non sarebbe male riprendere.
Sebbene fossero meno sanguinari di altri popoli (pare gli Aztechi fossero molto più propensi a sacrificare gente agli dei) i Maya di Chichén Itzá avevano le loro simpatiche tradizioni.
Sacrificavano gente buttandola nel Cenote il pozzo sacro nelle vicinanze, tagliavano le teste dei giocatori di calcio, amavano le immagini di cuori strappati e divorati da bestie mitologiche.
Qualcuno mi spieghi cosa c@$$o sarebbe questo. No, seriously, o pippavano forte peyote oppure hanno davvero conosciuto creature non di questo mondo. Entrambe le opzioni sono inquietanti.
]]>Quest’anno si è andati in quell’allegro loco della penisola yucateca (Yucatan, Mexico) con una minore puntata in Florida.
Perché si è andati lì? Mah, 80% per puro caso, 20% per verificare con mano fino a che punto ‘sti Maya abbiano davvero azzeccato con la fine del mondo.
Come al solito sono 7/8 post, se vi va bene bene, sennò per voi c’è sempre il Cenote Cos’è un Cenote vi chiederete. Calma, è presto! .
Iniziando da una cosa easy, (dopo circa 15 ore di viaggio + tempi di coincidenza e un meritato sonno ristoratore) ci siamo fermati a Rio Lagartos.
Rio è un allegro paesino sulla punta nord dello Yucatan, ancora abbastanza isolato e sonnolento anche se gli abitanti hanno capito benissimo che il turismo gira e sono pronti ad assalirti per noleggiarti la barca.
L’attrazione principale di Rio Lagartos è la sua riserva naturalistica, in pratica il paradiso del birdwatcher compresa una nutrita delegazione di bellissimi Fenicotteri rosa. Capirete subito che in spagnolo si chiamano Flamingo quando ogni abitante del paese vi porrà la fatidica domanda: Flamingo? Ti ci porto io per N Pesos.
Compresi nel prezzo potete ammirare anche le saline della zona, caratterizzate dal colore rosa delle acque sature di sale, il vero barcaiolo vi porta al canale che drena l’acqua dalla saline e pronunciando ogni due secondi la frase similar al mar muerto Le parti in spagnolo in questi post sono miei rozzi tentativi di traslitterare lo spagnolo vero vi permetterà di fare il bagno in un acqua densa che da una piacevole sensazione di galleggiamento. Simile al mar morto.
L’aneddoto: uscendo da Rio Lagartos ci fermiamo al cimitero perché era piuttosto pittoresco: variopinte tombe coloratissime al posto del nostro solito grigiume. Mentre cercavo di decidere se fosse molto blasfemo fare una foto mi si avvicina un energumeno piuttosto grosso. Sto già pensando “questo mi spala per aver offeso i morti”, quando l’energumeno apre la bocca… Flamingo? Ti ci porto io per N Pesos.
Non tutti gli eBook soffrono necessariamente di queste limitazioni, alcune di esse sono superabili o non ci sono in alcuni casi (occorre dirlo, un ebook è pirata non soffre della metà di questi problemi).
Ma il punto focale e innegabile è che un libro tradizionale è uno strumento auto-contenuto, basta a sé stesso, mentre un eBook è pur sempre indissolubilmente legato al contesto tecnologico in cui si trova.
Se trovi un libro fra 100 anni lo leggi, se trovi un eBook resta inaccessibile senza la tecnologia di contorno.
]]>Conosco la procedura, è abbastanza veloce, l’unica cosa strana è che non prende la prepagata… vabbè, indagherò. Intanto uso l’altra che ci ho una certa fretta.
Lo stampo? Non mi va la stampante, ho lo smartphone glielo faccio vedere direttamente dal cellulare.
Non si può.
Perdio non si può.
Il controllore si incazza con me e afferma che il biglietto online va stampato, non si può vederlo da cellulare.
Perché? Sui treni a lunga percorrenza non l’ho mai stampato. Perché sui regionali non hanno la macchinetta per verificare il biglietto come sui treni a lunga percorrenza, allora il regolamento prevede di accettare solo quelli stampati.
Vedi cara Trenord, adesso tu mi spieghi perché se io ti faccio vedere la ricevuta sul cellulare non va bene e invece se io la stessa ricevuta la passo su computer e la stampo miracolosamente va bene?
Mi spieghi quale magia opera la stampante che trasforma lo stesso identico oggetto da inaffidabile a affidabile?
Ho il sospetto che la magia sia la tua abissale ignoranza, l’arretratezza di chi considera il computer uno strumento demoniaco e incontrollabile ed è tranquillo solo quando vede la vecchia obsoleta carta stampata.
te lo spiego io, è facile. Se ce l’ho sul telefono lo posso stampare così com’è quando voglio. Per cui vale stampato tale quale sul telefono.
L’arretratezza
Cara Trenord, mi spieghi perché vendi biglietti online, li riempi di codici alfanumerici, codici a barre, QRCODE se poi i tuoi impiegati non sono in grado e/o non hanno gli strumenti per utilizzarli?
Perché vuoi chiudere le biglietterie? Perché vuoi farti vedere? Perché vuoi farci credere che siamo una nazione moderna quando invece i tuoi controllori si fidano ancora solo della carta stampata?
(spezziamo una lancia, i biglietti online li vende Trenitalia, non Trenord… Ma Trenord li considera validi senza problemi, se sono stampati)
La cattiveria
Alla fine, in un impeto di cattiveria, mi è venuta in mente una bella idea per i tuoi clienti. La prossima volta che dovete prendere un treno fate un biglietto online, il più breve possibile sulla tratta da percorrere. Tipo dalla fermata in cui salite a quella dopo.
Prendete la ricevuta in PDF e scaricate un software per modificare i PDF, dopodiché modificate due dettagli: la stazione di arrivo e il prezzo e stampate il tutto. Tanto Trenord candidamente ammette che
Così potete viaggiare a prezzo scontato. Se vi impratichite potete riutilizzare il biglietto per tutte le tratte che volete modificando date, stazioni e prezzi di partenza e arrivo
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La storia è corredata da immagini e filmati a testimonianza di quanto dirò.
Tutto iniziò il 27 maggio 2009, data che ricordo benissimo perchè avevo già la serata organizzata. Avrei dovuto andare a casa di un noto professore brianzolo per vedere la finale di Champions League Per la cronaca, la finale fra Barcellona e Manchester United fu vinta dal Barça per 2 a 0, gol di Eto’o e Messi.
Verso le 18.30 scendo dal treno alla stazione di Besana e mi avvicino all’automobile. Appena salito e chiusa la portiera sento un flebile
“MIAO”
Alt, momento.
Miao?
Il primo pensiero è che un gatto si è infilato sotto la macchina. Scendo a controllare onde evitare di spiaccicare il povero animale durante le fasi di partenza. Controllo dietro, davanti e sotto. Nessuna traccia. Silenzio ristabilito, nessun altro segnale.
Bene, ok, sarà andato. Ripartiamo.
Al primo stop, nei dintorni di Besana, sento un altro flebile ma distinto
“MIAO”
Miao?!? Ennò, ma che cavolo…? Le macchine solitamente non miagolano. Mi fermo per alcuni secondi in ascolto, ma c’è solo silenzio.
Ok, dismetto il secondo miao come un’impressione errata provocata dall’auto-suggestione avuta prima della partenza.
Non ci sono altri sintomi, riparto.
Il secondo stop avviene nei dintorni di Prebone, sempre per un flebile ma distinguibile
“MIAO”
A questo punto mi ri-fermo, e inizio a vagliare varie opzioni. Disabilito l’autoradio, anche se la canzone la conosco e non comprende alcun miagolio al suo interno. Caldo non ne fa per cui non non sto avendo alcun colpo di calore né allucinazione. Ho bevuto alcool oggi? No, dovrei essere sobrio.
Nel frattempo nel motore tutto è tornato silente. Cioè, a parte il rumore del motore stesso. Riparto.
Il terzo stop avviene all’ingresso a Cremella. Favorito dall’autoradio ormai spenta si sente il solito
“MIAO”
Ormai quasi convinto di essere preda di allucinazioni uditive mi affretto a compiere velocemente l’ultimo tratto che mi separa da casa, onde avere il conforto di altri pareri.
Arrivo, parcheggio in cortile apro il cofano e…
Succede tutto molto in fretta. E’ lì, appollaiato sopra il blocco dei cilindri e mi guarda.
Mi guarda per circa 1/2 secondo. Poi si volta all’improvviso e scompare nel motore prima che io possa avere il tempo di reagire.
Ma scompare proprio, ad una rapida ricerca in mezzo ai tubi non è visibile. Solo si sente l’inconfondibile
“MIAO”
Dopo qualche vano tentativo di recuperarlo mi reco da mio fratello. Immaginatevi uno che vi si para davanti dicendo “Senti, Luciano, credo di avere un problema. Mi si è infilato un gatto nel motore”.
Mio fratello mi guarda con espressione mista di commiserazione e divertimento. Espressione che dura poco, in quanto innegabilmente il cofano miagola.
[youtube]mGTDB2KW4AM[/youtube]
A questo punto parte una specie di disperata missione di salvataggio. Lo stronzo infatti non solo si rifiuta di uscire ma sembra aver trovato una specie di portale dimensionale presente nel mio cofano, perché continua a sentirsi ma non si trova da nessuna parte.
La missione di de-gattaggio del motore comporta:
Tutto documentato da queste foto:
Ad un certo punto il gatto si trova: è riuscito a infilarsi in un buco microscopico fra il cofano anteriore e un piccola paratia di plastica che si trovava subito dietro, un buchino largo al massimo 6-7 centimetri…
Estrattolo, ci si para davanti questo cosino leggermente spaventato:
Il resto è storia: la finale di champions è saltata, l’automobile ha necessitato l’intervento di un meccanico (non sono riuscito a rimontarla, mi avanzava sempre qualche pezzo. Il meccanico non ha voluto sapere perché l’ho smontata, ha voluto solo i suoi sporchi 20 euro) e il gatto è stato acquisito dai miei nipoti.
Mio nipote voleva chiamarlo, molto sportivamente, Clio, ma la mia nipotina ha iniziato a chiamarlo Mimo ed essendo la più piccola ha vinto lei.
Pur avendo trovato casa, abbondante cibo e una vita sostanzialmente tranquilla a volte quando lo vedo in braccio a mia nipote (che lo tratta più o meno come una bambola di pezza che miagola) mi sembra provi una certa nostalgia del motore. Credo stesse più comodo lì.
PS: non ha perso l’abitudine di miagolare. Fa ancora
“MIAO”
Sotto la mia finestra. Di solito alle cinque di mattina.
]]>Tempo fa avevo fatto un programmino (su richiesta di una celebre tenutaria di blog) che faceva una cosa semplicissima: prendeva un testo contenente alcune mail e le estraeva.
Al tempo avevo un interesse per la piattaforma .NET e C#, per cui l’avevo programmato in quel linguaggio. Però questo hai i suoi svantaggi, uno dei quali è che se non puoi installare i framework (per esempio non sei amministratore della macchina) il programmino non funziona.
Allora ho deciso di rifarlo in puro html-css-javascript. Una specie di Cloud computing.
Alcune soluzioni tecniche (degne di nota e poco note ai più):
Forse pochi sanno che in html è legale embeddare le immagini direttamente nell’HMTL con una schema uri particolare, il data:
Al posto dell’url dell’immagine si mette il contenuto dell’immagine stessa. Questo mi ha permesso di ridurre il tutto a un solo file standalone, senza rinunciare alla grafica.
Bisogna indicare il tipo (il mime type per la precisione) dell’immagine ed è consigliabile encodarla in base 64 per evitare i problemi di charset.
Ci sono alcune limitazioni in base al browser (vi consiglio l’ottimo articolo di wikipedia) ma in generale funziona in tutti i browser.
Lo schema vale tanto per i tag html src=”data:image/png;base64,<dati-immagine>” quanto per i CSS url(data:image/png;base64,<dati-immagine>).
Il programmino originale estraeva le mail automaticamente, appena veniva incollato il testo nella dropbox. Purtroppo pare che in javascript non esista un evento onpaste, in pratica non si possono intercettare operazioni di incolla e lanciare comandi. Per cui l’estrazione va fatta a manina, schissando sul pulsantone.
Ho visto altri software javascript (per esempio tinymce) farlo tranquillamente, per cui se qualcuno ha idee (non troppo complesse ho trovato tutorial che includevano l’uso di un filmato flash nascosto. No, grazie.) in questo senso me lo faccia sapere.
HTML 5 dovrebbe introdurre il supporto al drag&drop, credo però che l’implementazione nei browser sia ancora limitata per cui mi sono astenuto dal provarci.
HTML 5 mette a disposizione molte nuove funzionalità, alcune delle quali sono state backportate dai browser anche se HTML5 non è ancora “ufficiale”. Tra queste alcuni metodi di storage per salvare (in maniera più o meno permanente) dati sul browser dell’utente.
Ho cercato di utilizzarli per implementare un rudimentale meccanismo di salvataggio di liste di mail estratte.
Problemi e connessi:
Per la lista delle mail raccattate ho recuperato in parte l’idea dell’input box con elementi facebook-stile.
Ho già detto di quell’idea, se vi interessa potete leggere l’articolo.
CSS3 ha un sacco di cose figherrime, anche se il supporto è ancora lacunoso. Ne ho usata una che in generale funziona e se non funziona pazienza, si vedono i bordi squadrati, il border-radius, che permette di fare bordi arrotondati senza impazzire con le immagini.
Funziona sicuramente con Opera 11, FF4 e Chrome 12.
L’estrazione delle mail è fatta con una “semplice” regExp: /[^\\w.]*([\\w.-]+@[\\w.-]{3,}\\.[\\w.-]{2,4})[^\\w.]*/.
L’ho rubata da qualche parte su internet, la capisco solo in parte ma funziona.
TODO per le (eventuali) prossime versioni: aggiungere la possibilità di personalizzarla, così se se ne trova una più figa la si può sostituire. Il codice è predisposto, ci sarebbero modifiche da fare.
Per ridurre il peso ho minifizzato il javascript e il CSS con YUI, gratis da Yahoo. Il risparmio sui JS è notevole (50%), quello sui CSS è trascurabile.
Pare che YUI digerisca male i CSS con gli url contenenti quote: url(‘<url>’). Ho tolto le quote, dovrebbe essere legale comunque.
IE 8 mi ha provocato un tracollo nervoso, e siccome ho ancora XP non ho diritto al 9 e non vi so dire.
Sappiate che ho sviluppato principalmente con FF4. In Opera 11 e Chrome 12 si è visto identico al primo colpo (nessun aggiustamento richiesto).
IE8:
Sentite, arrangiatevi, non ho ore di tempo da perdere dietro questo mezzo programma.
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